Io festeggio l’8 marzo con le ultime due recite di Didone e Enea qui in teatro. Una produzione fantastica, che incarna il femminile senza che diventi didascalico e figé.
Lo incarna con lo splendido prologo di poesie dette da Fiona Shaw (tratte da Hugues, TS Eliot e Yeats), con le bimbe che scorrazzano sul palco (riferimento alla creazione di Didone ed Enea in una scuola femminile), con questa regina algida, che sin dall’inizio teme l’amore e autoadempie in un certo senso la profezia che la vuole altera e sfortunata, ma confortata da altre donne anche nel gesto estremo. Grandiosa regia di Deborah Warner.
E’ triste quando una produzione mitica si spegne. Questa è l’ultima recita. Forse l’ultima recita per sempre. E mi mancherà la poesia delle scene e dei costumi di Chloé Obolensky, il mosaico che rivela un laghetto, le vele che sovrastano la scena e sono sempre pronte a portare via tutto con una folata di vento, i coristi che ci assomigliano, nei loro semplici vestiti, mentre il dramma della regalità e dell’amore si svolge in un dorato sgargiante.
Mi mancherà Malena Ernman che fa jogging nella pausa delle prove e Maya che prepara lo zucchero filato tutte le sere per le streghe e lo mette proprio qui fuori dal mio ufficio.
Festeggio l’8 marzo con le donne del teatro e prepariamo la prossima produzione: Didone passa infatti il testimone alla Muta di Portici, regia di Emma Dante. Niente lacrime quindi, che le donne del teatro restano tutto l’anno!
Ecco lo Yeats del prologo:
Had I the heavens’
embroidered cloths,
Enwrought with golden
and silver light,
The blue and the dim
and the dark cloths
Of night and light
and the half light,
I would spread the cloths
under your feet:
But I, being poor,
have only my dreams;
I have spread my dreams
under your feet;
Tread softly because
you tread on my dreams.