Ha ragione il maestro Mealli: il festival e’ come una piccola vita. Ci sono le doglie all’inizio e la tristezza degli adii alla fine, con tutto un orizzonte di sentimenti che si dispiega in istanti a volte molto rapidi, a volte lunghi eterni.
Anche quest’anno a San Polo d’Enza abbiamo radunato piu’ di 40 allievi, 4 maestri, 14 concerti in una settimana. Tre quartetti illustri sono venuti a condividere con noi non solo ore di musica, ma anche il senso di un progetto arrivato ormai al 4 anno.
Grazie a tutti i ragazzi per l’affetto, lo slancio e lo studio matto e disperatissimo, grazie ai maestri per la loro dedizione alla musica e alla pedagogia, che e’ veramente contagiosa. E grazie a Greta, Paola, Daniela, Carla e Eddy, che nell’ombra ci hanno permesso di portare un po’ di sconquasso nella Val d’Enza, che la settimana scorsa era abitata da un cielo terso e da un magnifico venticello, e d’improvviso da note che si propagavano da ogni casa e ogni giardino, da Vivaldi a Schnittke, dalla violinista undicenne al violoncellista ultrasessantenne, con musicisti italiani, tedeschi, spagnoli, israeliani…
Il nucleo emotivo, intellettuale e artistico di questo festival e’ tutto nel laboratorio di liuteria del mio nonno. Ogni anno, quando entro in quella stanza, con queli odori, mi tornano in mente i ricordi di bambina, e quell’uomo integro, schivo e dall’ironia pungente, che ha saputo costruire degli strumenti moltiplicatori di bellezza.
Credits per la foto: Daniele Portanome