All’alba del settimo anno da fuoriuscita quasi sedentaria a Parigi, sono ormai convinta che ci sia un vero problema di cittadinanza, per la nostra generazione nomade. Dietro il romanticismo dell’essere cittadini del mondo, quanto lasciamo per strada, dei nostri diritti? Rientrare per votare diventa un costo e una fatica, ma gli italiani che si iscrivono al registro dei residenti all’estero (famigerato AIRE) per potere votare dall’estero sono davvero pochi, perché questo significa automaticamente non avere più la copertura sanitaria in Italia. E oltretutto non si puó votare dall’estero per le amministrative. E quando si vota per i referendum (come succederà a giugno) si puó votare, sì, ma non si partecipa al raggiungimento del quorum: si viene conteggiati se e solo se il quorum si raggiunge in patria. Districarsi in questa jungla non è facile, anche perché le informazioni sono frastagliate e le impari solo se le vai a chiedere. Oppure se qualcuno ti dice che esiste una guida per gli italiani residenti all’estero, sul sito del Ministero dell’Interno. A me è successo dopo sei anni, grazie ad un’amica avvocato di Bologna. Se avete degli amici o siete voi stessi emigrati, leggetela, vi risparmiate un po’ di tempo.